Il governo sta valutando un possibile intervento per i lavoratori con salari più bassi, penalizzati dal nuovo taglio del cuneo fiscale previsto dalla Manovra 2025. L’attuale configurazione ha comportato la perdita di 1.200 euro di trattamento integrativo per alcuni lavoratori. Vediamo cosa sta succedendo e quali potrebbero essere i prossimi sviluppi.
La sottosegretaria all’Economia Lucia Albano ha dichiarato che il governo sta esaminando la possibilità di estendere il trattamento integrativo ai lavoratori con una retribuzione lorda tra 8.500 e 9.000 euro. Questa fascia di reddito potrebbe quindi essere oggetto di un’attenta valutazione per ricevere un sostegno economico adeguato.
Secondo Albano, la platea di lavoratori che ha perso il trattamento integrativo è relativamente ridotta e soggetta a cambiamenti annuali, dovuti a variazioni del mercato del lavoro e delle dinamiche reddituali. Per questo motivo, questi lavoratori non possono essere facilmente inquadrati in una specifica categoria di contribuenti.
Le analisi dell’Inps stimano che circa 266.000 lavoratori dipendenti, tra cui agricoli e domestici, abbiano perso il trattamento integrativo. Tra questi, il 71% (188.000 persone) sono donne, evidenziando un impatto significativo sulle lavoratrici con redditi più bassi.
La Cgil ha criticato fortemente la situazione, evidenziando come i redditi sotto i 35.000 euro abbiano subito una riduzione, ma che nella fascia 8.500-9.000 euro la perdita sia totale. Il segretario confederale Christian Ferrari ha definito questa situazione “un’ingiustizia intollerabile”, sottolineando che si tratta di quasi due mesi di stipendio in meno per lavoratori già in difficoltà economica.
Uno studio di Caf Acli ha confermato l’errore, descrivendo l’effetto delle misure introdotte dal governo come un “Robin Hood al contrario”, poiché favoriscono i redditi superiori ai 35.000 euro con aumenti di busta paga fino a 1.000 euro netti in più.
Secondo Albano, il problema è stato causato dal meccanismo di riduzione dell’aliquota contributiva del 2024, che aveva portato a un aumento dei redditi imponibili ai fini Irpef. Questo aveva permesso ai lavoratori di ricevere il trattamento integrativo da 1.200 euro, che nel 2025, senza decontribuzione, non sarebbe spettato.
Albano ha sottolineato che l’eventuale estensione del trattamento integrativo deve considerare che potrebbero beneficiarne anche lavoratori che rientreranno in questa fascia di reddito nei prossimi anni. Per questo motivo, il governo sta valutando un approccio mirato per sostenere i lavoratori a basso reddito in modo strutturale, piuttosto che compensare solo gli effetti di una misura temporanea.
Nel 2024, il taglio dei contributi è stato calcolato includendo il bonus nell’imponibile fiscale, aumentando così il reddito disponibile. Nel 2025, invece, il bonus risulta esentasse, riducendo l’imponibile fiscale. Questo ha portato molti lavoratori a diventare incapienti, ovvero a guadagnare troppo poco per beneficiare delle detrazioni fiscali, perdendo così l’ex bonus Renzi da 100 euro al mese.
Il governo ha già tentato di mitigare l’effetto dell’incapienza riducendo le detrazioni di 75 euro (da 1.955 a 1.880 euro per redditi sotto i 15.000 euro). Tuttavia, questa modifica rischia di complicare il calcolo del conguaglio fiscale, poiché il taglio del cuneo non è più calcolato solo sul reddito da lavoro dipendente, ma sull’intero reddito complessivo.
Un possibile aumento della soglia dei 75 euro potrebbe essere una soluzione percorribile, ma il governo deve prima determinare con precisione quanti lavoratori sarebbero coinvolti. Questa valutazione sarà possibile solo dopo la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, che consentiranno di individuare la platea interessata e i fondi necessari per l’intervento.
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