Straordinari non retribuiti e diritti dei dipendenti
L’ultima ricerca condotta dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) rivela che in Italia, circa uno su sei dei dipendenti svolge straordinari non retribuiti.
Secondo lo studio, il 60% dei lavoratori effettua straordinari, ma il 15,9% di loro non viene retribuito per questo lavoro aggiuntivo.
Inoltre, oltre il 20% dei dipendenti non ha la possibilità di richiedere un permesso di lavoro per motivi personali. Di conseguenza, molte persone si trovano costrette a lavorare oltre l’orario previsto senza ricevere alcuna forma di compensazione.
La situazione risulta ancora più critica per le donne, che rappresentano il 54,1% dei lavoratori coinvolti negli straordinari.
Questo dato è estremamente allarmante e offre uno spunto di riflessione sul tema degli straordinari.
Il lavoro straordinario si verifica quando si lavora oltre l’orario stabilito nel contratto di lavoro. Di solito, sia la legge che i contratti prevedono una settimana lavorativa di 40 ore: qualora si superi tale limite, si entra nel campo del lavoro straordinario, il quale deve essere retribuito.
La mancata remunerazione degli straordinari costituisce una violazione di legge. Anche in questo caso, la normativa italiana stabilisce che le ore extra settimanali non devono superare le otto ore massime. In altre parole, l’orario di lavoro, comprese le ore extra, non dovrebbe superare le 48 ore o rispettare quanto stabilito dal contratto individuale o collettivo.
Il lavoro straordinario non è obbligatorio e il datore di lavoro può richiederlo solo se ci sono esigenze comprovate di natura produttiva, organizzativa o aziendale. Tuttavia, il lavoratore ha il diritto di rifiutarsi di svolgere ore extra senza subire conseguenze negative.
È importante sottolineare che il pagamento degli straordinari è un obbligo stabilito dalla legge. Un datore di lavoro che non retribuisce gli straordinari commette un’infrazione e può essere perseguibile legalmente.
Gli straordinari rientrano nell’orario di lavoro effettivo, pertanto devono essere indicati nella busta paga e compensati con le maggiorazioni previste dal contratto. In alcuni contratti, invece, possono essere previsti riposi compensativi al posto delle maggiorazioni. In ogni caso, gli straordinari non possono non essere retribuiti in alcun modo.
Secondo l’articolo 2108 del Codice civile, quando l’orario di lavoro viene prolungato oltre quello stabilito, il lavoratore deve ricevere una compensazione per le ore straordinarie, che consiste in un aumento di retribuzione rispetto a quella prevista per il lavoro ordinario.
Le normative sul lavoro stabiliscono chiaramente le modalità di calcolo del pagamento delle ore straordinarie, basate su specifici scaglioni. Sono previste percentuali da applicare al compenso orario della retribuzione normale, come segue:
Purtroppo, oggi esistono molte situazioni in cui gli straordinari non vengono retribuiti, anche a causa delle difficoltà economiche. Le aziende chiedono ai propri dipendenti di svolgere lavoro aggiuntivo “in nero”, ovvero senza registrarlo nella busta paga. Ciò può comportare diverse conseguenze:
Nel caso in cui un lavoratore si trovi nella situazione di lavoro straordinario non pagato, ha diverse opzioni a sua disposizione. Innanzitutto, può decidere di terminare il contratto di lavoro e licenziarsi.
Per cercare di ottenere il pagamento degli straordinari non retribuiti, il lavoratore può fare affidamento su diverse risorse:
La situazione diventa più complicata quando le ore extra non vengono registrate nella busta paga. In tal caso, sarà necessario raccogliere prove come messaggi, e-mail o testimonianze dei colleghi di lavoro al fine di avviare un’azione legale contro il datore di lavoro.
Se nonostante le azioni intraprese, gli straordinari non vengono retribuiti, è possibile ricorrere al pignoramento dei beni del datore di lavoro come forma di recupero delle somme dovute.
Secondo Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione ADAPT, il modo di lavorare ha subito molte trasformazioni, sebbene non per tutti e in tutti i settori. Da un lato, vi è una diminuzione del lavoro manuale complessivo, che ancora non consente una gestione flessibile dell’orario. Dall’altro lato, esistono settori in cui è possibile una grande flessibilità, come quelli legati ai servizi o alle imprese manifatturiere.
Questa flessibilità è sempre più richiesta per due fattori principali. In primo luogo, i mercati sono sempre più globali e richiedono un coordinamento internazionale, con gli orari che sono influenzati anche dai differenti fusi orari. In secondo luogo, i consumatori sono molto più esigenti e si aspettano risposte rapide alle loro richieste. Inoltre, la tecnologia ci permette di essere sempre connessi, eliminando la necessità di uno spazio fisico specifico come ufficio o azienda per svolgere il lavoro.
Spesso, quando si parla di smart working si fa riferimento solo al luogo di lavoro e alla dimensione dello spazio, ma in realtà implica anche una nuova gestione del tempo. Non si tratta solo di svolgere le stesse mansioni che si facevano in ufficio, ma di poter gestire autonomamente il proprio tempo. Per farlo, è necessario avere obiettivi chiari concordati con il datore di lavoro, il quale richiede determinati risultati e lascia al lavoratore la possibilità di organizzare i modi e i tempi per raggiungerli.
Questa libertà rappresenta un grande vantaggio per il benessere dei dipendenti. Un lavoro più flessibile:
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