“Sono stanco, non vengo a lavoro”: da oggi puoi assentarti e devi essere pagato lo stesso | UFFICIALE NUOVA LEGGE

Stanchezza cronica al lavoro- Foto di Nataliya Vaitkevich da Pexels-CircuitoLavoro.it
Ci sono alcuni casi che costituiscono una giustificazione per assentarsi dal lavoro: ecco quando i diritti dei dipendenti vengono tutelati.
I ritmi di lavoro attuali sono davvero frenetici: ci si trova ogni giorno a dover gestire richieste professionali continue e a dover raggiungere alti standard di produzione.
In questo contesto, la stanchezza non è considerata solo qualcosa di passeggero, ma un malessere decisamente più radicato.
La nuova normativa approvata ufficialmente riconosce il diritto dei lavoratori ad assentarsi dall’ufficio o dal proprio impiego in presenza di affaticamento persistente.
L’assenza del dipendente risulterà giustificata e si otterrà la garanzia di mantenere la propria retribuzione integra e continua.
Sindrome da stanchezza continua: assenze giustificate dal lavoro
La sindrome da stanchezza cronica, spesso sottovalutata, è ora inserita tra le condizioni che giustificano l’assenza dal lavoro per malattia. Non si tratta di una semplice concessione, ma di un diritto tutelato dalla legge, applicabile previa certificazione medica. La nuova normativa stabilisce, infatti, che il lavoratore possa richiedere un periodo di riposo retribuito in presenza di condizioni di affaticamento prolungato e documentato. La stanchezza cronica, riconosciuta come una patologia a tutti gli effetti, viene considerata motivo sufficiente per giustificare un periodo di assenza.
La situazione deve essere però certificata da un medico, che provvede al rilascio del documento necessario da inviare all’INPS. La legge non tiene conto dei casi di stanchezza occasionale, ma si applica esclusivamente a quelle condizioni di fatica che compromettono le capacità cognitive e fisiche. La stanchezza cronica, infatti, incide negativamente sia sulle performance lavorative che sullo stato di salute generale. Questo provvedimento a lungo atteso nasce per contrastare gli effetti di stress e superlavoro, sempre più diffusi nei contesti aziendali e per promuovere un equilibrio sostenibile tra vita privata e professionale.
In quali casi viene certificato lo stato di stanchezza cronica del lavoratore
Affinché sia possibile beneficiare di questa tutela, è necessario che il lavoratore presenti sintomi riconducibili alla sindrome da fatica cronica per un periodo continuativo di almeno sei mesi. Tra i segnali più rilevanti rientrano debolezza marcata dopo sforzi minimi, difficoltà di concentrazione, dolori muscolari e articolari senza evidenti infiammazioni, faringite ricorrente, cefalee anomale e stanchezza che non passa con con il riposo.
Il medico curante ha il compito di valutare la presenza di almeno quattro di questi sintomi prima di procedere con la certificazione. Una volta avviata la pratica, il lavoratore dovrà osservare le stesse regole previste per le assenze per malattia, inclusa la reperibilità per eventuali controlli.