RIVOLUZIONE INPS, da ora ti conteggiano anche gli anni in cui sei stato a casa: pensione bella grassa a tutti quanti

RIVOLUZIONE INPS, da ora ti conteggiano anche gli anni in cui sei stato a casa: pensione bella grassa a tutti quanti

Pensioni INPS - circuitolavoro.it

L’INPS paga i contributi anche quando il lavoratore è stato a casa: la rivoluzione che permette di accedere prima alla pensione.

La pensione. Quella fase della vita che tutti temono, e non solo perché segna il passare degli anni, ma perché per raggiungerla bisogna aver lavorato a sufficienza. E per ‘abbastanza’ si intende, come sappiamo, un numero minimo di anni di contributi versati.

Cosa significa davvero? Che quei famosi 20 anni (o 41/42, a seconda della formula) devono essere coperti da versamenti regolari: circa 200 € al mese all’INPS. E questo è un dettaglio che in tanti trascurano: se in alcuni periodi si è lavorato part-time o con stipendi bassi, i contributi accreditati non coprono l’intero anno, ma solo una parte.

Già solo questa realtà può far venire l’ansia, soprattutto in un paese fatto di contratti precari, interruzioni, infortuni e malattie. Ed è proprio qui che arriva la sorpresa: in alcuni casi, anche quando non si è lavorato, l’INPS accredita comunque contributi. Si tratta di anni ‘regalati’ che contano come se si fosse stati in servizio. E la notizia ancora migliore è che questi periodi possono non solo anticipare l’accesso alla pensione, ma in certi casi aumentano persino l’importo dell’assegno.

Quando l’INPS conteggia gli anni non lavorati e li trasforma in contributi

Spesso si pensa che gli unici anni che contano siano quelli in cui si è andati a lavorare ogni giorno, timbrando il cartellino. In realtà non è sempre così.

L’INPS riconosce i cosiddetti contributi figurativi, cioè contributi accreditati anche nei periodi in cui il lavoratore non ha lavorato davvero, ma è rimasto a casa per malattia o infortunio coperto da indennità. Tradotto: se si è stati a casa, ma con una malattia riconosciuta, quel tempo non è perso. Vale.

Ma – perché un ma c’è – non tutti i periodi sono validi per sempre e in qualsiasi formula pensionistica.

Due signori che sorridono di fronte al pc
Contributi figurativi – circuitolavoro.it

Il limite massimo dei contributi figurativi

La legge fissa un tetto ben preciso: fino a 96 settimane, cioè 22 mesi di contributi figurativi, possono essere usati per raggiungere i requisiti per la pensione.

Tutto ciò che va oltre non viene conteggiato. Ed è qui che molti si ritrovano con delle brutte sorprese, magari dopo una vita di lavoro e sacrifici. C’è però una grande eccezione e riguarda proprio chi ha avuto i problemi più gravi: se l’infortunio è stato particolarmente serio – tale da provocare un’invalidità permanente, ma il lavoratore non ha richiesto la pensione di inabilità – allora può usare anche più di 96 settimane di contributi figurativi.

In poche parole: chi ha rinunciato alla pensione di invalidità, ma ha continuato il suo percorso pensionistico, può vedersi riconosciuti tutti quegli anni ‘di stop’ come se avesse lavorato normalmente.