La Corte di Cassazione ha recentemente emesso un’importante ordinanza che potrebbe avere un significativo impatto sui contratti di lavoro part-time. Il caso riguarda un lavoratore che ha ottenuto un risarcimento danni dal proprio datore di lavoro per la mancata specificazione dei turni di lavoro nel contratto. Analizziamo i dettagli di questa decisione e le sue implicazioni.
Il contratto di lavoro part-time è regolato dal Decreto Legislativo n. 81 del 2015, parte integrante del Jobs Act. L’articolo 5 di questo decreto stabilisce che il contratto deve essere redatto in forma scritta e deve specificare chiaramente la durata e la collocazione temporale dell’orario di lavoro, con riferimento a giorni, settimane, mesi e anni. La mancata indicazione dettagliata di tali informazioni può portare a contenziosi, come dimostrato dal recente caso esaminato dalla Cassazione.
Il caso in questione riguarda un lavoratore assunto con un contratto part-time verticale, il quale ha citato il datore di lavoro per non aver fornito dettagli sufficienti sui turni di lavoro. Il contratto del dipendente non specificava infatti i giorni e gli orari di lavoro, violando così le disposizioni normative vigenti.
Il lavoratore ha portato il caso in tribunale, chiedendo di riconoscere l’illegittimità della mancata indicazione dei turni e di ottenere un risarcimento per i danni subiti. La Corte d’Appello ha accolto le richieste del lavoratore, stabilendo un risarcimento pari al 5% della retribuzione annua. Questo provvedimento è stato impugnato dal datore di lavoro, portando la questione alla Cassazione.
La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ribadendo che la legge non consente ai datori di lavoro di indicare i turni in modo successivo o periodico. La sentenza n. 11333 sottolinea che la comunicazione tempestiva e chiara dei turni è essenziale per garantire i diritti del lavoratore. La Corte ha evidenziato che una diversa interpretazione contrasterebbe con gli obiettivi del legislatore, che intende tutelare sia l’organizzazione aziendale che le esigenze personali del lavoratore.
La Cassazione ha richiamato i principi stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 210/1992, sottolineando che una mancata indicazione precisa degli orari di lavoro impedirebbe al dipendente di organizzare altre occupazioni, compromettendo il diritto a una vita dignitosa. Inoltre, questo comportamento violerebbe l’art. 38 della Costituzione, riducendo i contributi pensionistici del lavoratore.
Nel contratto del lavoratore in questione non erano presenti clausole flessibili che avrebbero permesso al datore di lavoro di modificare i turni. La Cassazione ha stabilito che, in assenza di tali clausole, il contratto deve indicare chiaramente e tempestivamente i turni di lavoro.
In assenza di una specifica indicazione dei turni nel contratto, spetta al giudice stabilire le modalità temporali della prestazione lavorativa, tenendo conto delle responsabilità familiari del dipendente, della sua volontà di integrare il reddito e delle esigenze aziendali.
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