Nel dibattito politico attuale riguardante lo smart working nel settore pubblico, è stato respinto un emendamento al decreto Milleproroghe che avrebbe esteso la possibilità di lavoro agile fino al 30 giugno 2024 per i dipendenti pubblici considerati fragili. L’iniziativa, proposta dal Movimento 5 Stelle, ha sollevato una serie di questioni riguardanti la parità di trattamento tra lavoratori del settore pubblico e privato.
Con il rifiuto dell’emendamento, emerge una disparità evidente tra le politiche per lo smart working nel settore pubblico e privato. Mentre i lavoratori fragili del settore privato possono continuare a lavorare da remoto fino al 31 marzo 2024, i loro omologhi nel settore pubblico hanno visto scadere tale possibilità alla fine del 2023.
Nel settore privato, i genitori con figli minori di 14 anni e i lavoratori fragili hanno il diritto allo smart working fino al 31 marzo, previa certificazione medica e rispettando determinati requisiti familiari. Nel settore pubblico, tuttavia, la situazione è meno chiara, con la legislazione attuale che offre agli enti pubblici la discrezionalità di concedere o meno lo smart working ai dipendenti fragili, senza garantire un diritto automatico.
Secondo il governo, la legislazione già prevede strumenti per sostenere i lavoratori fragili nel settore pubblico, evitando la necessità di una proroga specifica. La direttiva emanata il 29 dicembre 2023 consente ai dirigenti pubblici di valutare l’utilizzo dello smart working per proteggere i dipendenti più vulnerabili alla salute.
Inoltre, è stata bocciata un’altra proposta del M5s per rendere strutturale lo smart working per i lavoratori fragili sia nel settore pubblico che privato, oltre ai genitori di figli con disabilità grave. Il governo ha argomentato che lo smart working è stato un’emanazione di emergenza durante la pandemia di COVID-19 e ora deve essere regolato dalla contrattazione collettiva come strumento organizzativo e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Il M5s ha criticato aspramente la decisione del governo, affermando che si tratta di una discriminazione nei confronti dei lavoratori fragili del settore pubblico. Continuano a sottolineare la necessità di una proroga per garantire la parità di trattamento e l’equità nei diritti lavorativi.
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