La Corte costituzionale ha recentemente emesso una sentenza fondamentale riguardante i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (GMO), modificando significativamente il panorama della tutela dei lavoratori in Italia. Con la sentenza numero 128 del 4 giugno/16 luglio 2024, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una parte del Decreto Legislativo numero 23 del 2015, chiarendo così il trattamento dei licenziamenti considerati illegittimi.
Secondo l’articolo 3 del Decreto Legislativo 23/2015, la reintegrazione del lavoratore licenziato era prevista solo per i casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo e giusta causa. Tuttavia, la Corte costituzionale ha stabilito che anche nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quando il giudice accerta l’insussistenza del fatto materiale contestato, deve essere applicata la tutela reintegratoria. Questo cambiamento è rilevante in quanto estende la protezione ai lavoratori licenziati per motivi oggettivi, che precedentemente non godevano della stessa tutela.
La Corte ha precisato che la reintegrazione è obbligatoria esclusivamente quando il licenziamento è stato dichiarato illegittimo per insussistenza del fatto materiale. In altre parole, se un datore di lavoro non riesce a dimostrare la veridicità del motivo per cui ha licenziato un dipendente, il giudice può ordinare la reintegrazione del lavoratore, oltre a disporre un risarcimento economico per il periodo di inattività. Tuttavia, se il licenziamento è stato effettuato in violazione dell’obbligo di repêchage, ovvero della possibilità di ricollocare il lavoratore in un’altra posizione all’interno dell’azienda, la tutela si limita a un’indennità risarcitoria, senza diritto alla reintegrazione.
Il repêchage, ovvero l’obbligo per il datore di lavoro di cercare alternative alla cessazione del rapporto di lavoro, rimane cruciale. La Corte ha sottolineato che, anche se il motivo materiale del licenziamento è giustificato, se esistono opportunità di ricollocamento, la legittimità del licenziamento può essere messa in discussione. In questi casi, l’assenza di repêchage non consente al dipendente di ottenere la reintegrazione, ma solo un’indennità risarcitoria.
La sentenza della Corte costituzionale implica una riforma importante nel trattamento dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Dal 16 luglio 2024, i lavoratori licenziati per motivi oggettivi e per i quali il giudice accerti l’insussistenza del fatto materiale hanno diritto alla reintegrazione, a meno che non sia dimostrata l’impossibilità di ricollocamento. Questo rappresenta un rafforzamento significativo dei diritti dei lavoratori, poiché ora possono godere della stessa tutela già prevista per altri tipi di licenziamento. Per rimanere aggiornato sugli ultimi sviluppi normativi, visita la nostra sezione dedicata alle news.
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