Nuovi modelli di comunicazione per lo smart working dopo la proroga: il Ministero indica le procedure
Negli ultimi anni, lo smart working ha subito un’evoluzione significativa, soprattutto all’interno delle grandi imprese. I modelli organizzativi si stanno adattando a nuove esigenze aziendali, senza però abbandonare del tutto il lavoro a distanza. Anche se decisioni come quella di Amazon di ridurre lo smart working possono sembrare un passo indietro, non rappresentano necessariamente una disaffezione nei confronti di questo modello lavorativo, ma piuttosto un tentativo di bilanciare le esigenze aziendali e quelle dei lavoratori.
Secondo il professor Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, la decisione di Amazon riflette la necessità di un modello di lavoro più bilanciato e coerente con le esigenze aziendali. In Italia, il numero di lavoratori in smart working è in costante crescita, superando i 3 milioni e 600 mila nel 2024. Questo fenomeno è in costante evoluzione, coinvolgendo sia grandi che medie aziende, molte delle quali stanno affinando i propri modelli organizzativi per adattarsi al nuovo contesto lavorativo.
In Italia, il passaggio allo smart working è stato più lento rispetto a paesi come gli Stati Uniti. Le imprese italiane, infatti, hanno adottato un approccio più cauto, basato su progetti pilota e accordi sindacali. Questa gradualità ha permesso di garantire una maggiore stabilità, ma il futuro del lavoro a distanza rimane incerto. Tuttavia, molte aziende, come Intesa Sanpaolo, hanno investito in pacchetti di flessibilità che includono smart working per una parte dell’anno, dimostrando un impegno verso un modello lavorativo più agile e flessibile.
Le riunioni sono uno degli aspetti chiave dell’evoluzione organizzativa nelle aziende. Generali, ad esempio, ha avviato un progetto pilota per ridurre le riunioni e consentire ai dipendenti di concentrarsi maggiormente sulle proprie attività. Questa iniziativa rientra in un più ampio processo di evoluzione del modello aziendale, che combina il lavoro da remoto con momenti in presenza, al fine di stimolare la creatività e le relazioni interpersonali.
Molte aziende italiane hanno sviluppato modelli di smart working su misura. Eni, ad esempio, ha introdotto il “smart working rosa” per le future mamme e altre forme di flessibilità a tutela della genitorialità. Enel, invece, permette fino a 9 giornate mensili di lavoro a distanza, cercando di bilanciare il lavoro in sede con quello da remoto. Questi esempi dimostrano come le aziende stiano cercando di creare un equilibrio tra produttività, benessere dei dipendenti e collaborazione interna.
Alcune aziende, come Sace, stanno sperimentando modelli organizzativi ancora più avanzati. Il progetto “Flex for Future” di Sace elimina il controllo delle timbrature e consente una settimana lavorativa di quattro giorni su base volontaria. Questo approccio offre ai dipendenti completa flessibilità, aumentando il loro benessere e migliorando la produttività complessiva.
Secondo il professor Corso, le imprese più avanzate stanno cercando di adottare modelli ibridi intelligenti, che combinino lavoro in presenza e da remoto in base alle esigenze aziendali. Questa flessibilità consente di migliorare sia il benessere individuale che la produttività, creando un ambiente di lavoro orientato agli obiettivi. Tentativi di ritorno al lavoro totalmente in presenza, invece, incontrano forti resistenze, soprattutto da parte delle nuove generazioni di lavoratori, che apprezzano i benefici dello smart working.
Lo smart working continua a essere un terreno in evoluzione per molte grandi aziende, che stanno cercando di bilanciare le esigenze organizzative con quelle dei lavoratori. In un contesto lavorativo sempre più flessibile e tecnologicamente avanzato, i modelli organizzativi ibridi sembrano destinati a diventare la norma, portando benefici sia in termini di produttività che di innovazione.
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