“La pensione te la paghi da solo”: RIVOLUZIONE GIORGIA MELONI, eliminata l’INPS | Quello che versate vi ritrovate

Giorgia Meloni - circuitolavoro.it (6)
Meloni sa che le pensioni di domani porteranno una generazione con un tasso di povertà alto: la soluzione è farla pagare, il doppio.
I giovani di oggi saranno i pensionati di domani. E fin qui non ci piove. Le certezze, però, decadono quando si tratta di importi: si stima che, con la situazione contributiva media che abbiamo in Italia, saranno molti coloro che riceveranno la pensione minima, o quasi.
Questo porterà inevitabilmente a una soglia di povertà decisamente più elevata: basti pensare a chi ha lavorato con contratti non in regola, a spezzettoni, o a tutte le donne con figli che hanno avuto contratti part-time per molto tempo.
Ma l’obiettivo di Giorgia Meloni è chiaro: la riforma Fornero non si tocca. Non nega, però, che la situazione debba necessariamente cambiare. E da qui nasce l’idea di accantonare l’INPS – o meglio, di affiancarlo a un nuovo sistema dove, sì, i contributi continuerà a pagarli il lavoratore, ma ancora più cari.
Pensioni, la nuova idea: più contributi domani, meno soldi oggi
La linea del governo è sottile, ma chiara. Giorgetti, ministro dell’Economia, lo ha detto senza troppi giri di parole: il secondo pilastro della previdenza va potenziato. Tradotto: chi vuole una pensione decente domani dovrà cominciare a costruirsela oggi, pagando di tasca propria.
Il concetto è semplice. Non si toccherà la legge Fornero, non si aumenterà la flessibilità in uscita. Si creerà, invece, un percorso parallelo: i lavoratori, in particolare quelli più giovani, verranno ‘spinti’ verso la pensione integrativa.
Come? Attraverso una sorta di automatismo nell’iscrizione ai fondi pensione, un’ipotesi che il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha rilanciato apertamente durante il Salone del Risparmio 2025.
In sostanza, al momento dell’assunzione, il nuovo lavoratore potrebbe trovarsi automaticamente iscritto a un fondo pensione, salvo espressa rinuncia. Un sistema simile a quello già visto in altri paesi europei. Un modo per far crescere il secondo pilastro? Certo.
Ma anche un modo per scaricare sempre di più sul singolo lavoratore il peso della propria pensione.
Quanto costa davvero? I conti (poco incoraggianti) per un lavoratore medio
Facciamo due conti pratici. Oggi, un lavoratore full-time con uno stipendio lordo di circa 1.500€ al mese versa già circa 450€ all’INPS (somma di contributi propri e del datore di lavoro). Di tasca propria, tra trattenute e versamenti obbligatori, paga circa 100-150€ al mese.
Se il governo riuscisse a introdurre l’automatismo sui fondi pensione, il lavoratore medio dovrebbe aggiungere un versamento integrativo per costruirsi una pensione privata. Per garantirsi 500€ netti in più al mese da pensionato, servirebbe un fondo capace di accumulare abbastanza capitale. In media, si stima che occorrerebbe versare tra i 200€ e i 300€ al mese su un fondo pensione per almeno 35 anni di carriera, a seconda dei rendimenti ottenuti.
Tradotto nella pratica:
- 150€ già versati ogni mese all’INPS (senza contare altri 300€ circa versati dal datore di lavoro) per la pensione ‘pubblica’;
- più almeno 250€ al mese per garantirsi una pensione integrativa dignitosa.
In totale, ogni mese il peso previdenziale su un lavoratore medio potrebbe salire a oltre 400€, se si vorrà evitare una pensione da fame.
Un impegno pesante, soprattutto in un mercato del lavoro dove stipendi bassi, contratti a termine e carriere discontinue sono ancora la regola. Ovviamente, si parla anche di abbassare la quota della pensione integrativa e, a dirla tutta, prima che questo sistema diventi obbligatorio ne deve scavalcare di ostacoli.