Firmata la legge dipendenti: “Niente stipendio nei giorni di malattia” | Ci trattano come gli schiavi

Firmata la legge dipendenti: “Niente stipendio nei giorni di malattia” | Ci trattano come gli schiavi

La legge dipendenti: chi non avrà lo stipendio nei giorni di malattia - circuitolavoro.it

Niente stipendio, e soprattutto, niente più lavoro: quando un datore di lavoro può non pagare la malattia? Facciamo chiarezza.

Da giorni sta circolando una notizia che ha mandato nel panico migliaia di lavoratori italiani: se ti ammali, non vieni più pagato, una vera e propria ‘legge dipendenti’, anzi, contro di loro. Una notizia diventata virale, rilanciata sui social, nei gruppi WhatsApp, nei post pieni di rabbia e indignazione. E in tanti si sono chiesti: è vero?

Purtroppo il mondo del web è un po’ come il telefono senza fili: si parte da una notizia vera che man mano viene modellata durante la sua diffusione. Premettiamo sin da subito che no, nessuna legge è stata approvata nel 2025 per togliere il diritto allo stipendio nei giorni di malattia. Nessuna norma choc, nessun blitz in Parlamento, nessuna riforma improvvisa.

Eppure, come in tutte le notizie mal interpretate (e pure modificate durante la diffusione), un fondo di verità c’è. Ed è quello che fa più paura. Si tratta di una situazione che, purtroppo, capita a moltissimi lavoratori, di cui non vi sono molte alternative poiché bisogna tutelare anche la contro parte: il datore di lavoro. Ma facciamo chiarezza.

Quando il dipendente non viene più pagato per la malattia

Sì, ci sono circostanze ben precise in cui il lavoratore può davvero perdere lo stipendio durante un’assenza per malattia. La più nota è quella del superamento del periodo di comporto. Di cosa si tratta? È il tempo massimo (solitamente 180 giorni in un anno, ma dipende dal contratto collettivo) in cui si può restare a casa in malattia mantenendo il diritto al lavoro. Se questo limite viene superato, il datore può procedere al licenziamento, e quindi anche smettere di corrispondere la retribuzione.

E non è tutto. Anche nei primi tre giorni di malattia (il cosiddetto ‘periodo di carenza’), molti lavoratori del settore privato non ricevono alcuna indennità da parte dell’INPS. A meno che il datore di lavoro non scelga volontariamente di integrare, quei giorni non vengono pagati. Il risultato è che anche un’assenza breve può pesare direttamente sul portafogli.

Altro caso? Se il certificato medico non viene inviato correttamente o se non viene rispettata la reperibilità durante i controlli INPS, si rischia la perdita dell’indennità. In pratica: niente stipendio anche in presenza di una malattia vera e certificabile. Ma come tutelarsi in questi casi?

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Come non perdere lo stipendio in malattia nel 2025 – circuitolavoro.it

Cosa può fare il lavoratore: tutele, INPS e contratto

In questi casi, è fondamentale conoscere i propri diritti. La prima forma di tutela è l’indennità di malattia dell’INPS, che spetta ai lavoratori dipendenti a partire dal quarto giorno di assenza (fino al 180°, salvo diverse previsioni del contratto). L’importo varia in base alla categoria lavorativa, all’anzianità di servizio e al contratto applicato.

È importante anche sapere che alcuni contratti collettivi nazionali prevedono l’integrazione economica da parte dell’azienda fin dal primo giorno, oppure estendono il periodo di comporto.

Infine, chi teme di superare i giorni di comporto può valutare con un medico e con il datore di lavoro eventuali percorsi di tutela alternativi, come la richiesta di aspettativa non retribuita o di part-time terapeutico.

Insomma, nessuna legge firmata nel 2025. Ma qualcosa da temere, purtroppo, c’è da tempo.