L’Assegno di inclusione, introdotto dal 1° gennaio 2024, è un notevole cambiamento nelle politiche di welfare in Italia. La misura, mirata a sostituire il Reddito di Cittadinanza, è stata concepita per offrire un supporto concreto ai nuclei familiari con componenti “fragili”, come minori, anziani e persone con disabilità. La sua implementazione è un passo avanti nel garantire un sostegno economico e favorire l’inclusione sociale e professionale di chi si trova in condizioni di vulnerabilità. Con l’Assegno di inclusione, il Ministero del Lavoro si propone di affrontare le sfide poste dalla povertà e dall’esclusione sociale, stabilendo requisiti specifici e una procedura di domanda chiara e accessibile. Di seguito vediamo le FAQ ufficiali sull’Assegno di inclusione.
Ecco le domande frequenti sull’Assegno di inclusione aggiornate a dicembre 2023, pubblicate dal Ministero del Lavoro.
L’Assegno di inclusione è un sostegno economico finalizzato all’inclusione sociale e lavorativa, indirizzato a diverse categorie di nuclei familiari. Tra i beneficiari rientrano:
L’Assegno di inclusione decorre a partire dal 1° gennaio 2024.
La domanda per l’Assegno di inclusione deve essere presentata in modalità telematica all’INPS, utilizzando SPID, Carta Nazionale dei Servizi o Carta di Identità Elettronica tramite il sito www.inps.it , oppure presso i Centri di Assistenza Fiscale (CAF) o gli Istituti di patronato.
Il beneficio inizia a decorrere dal mese successivo a quello in cui il richiedente sottoscrive il patto di attivazione digitale.
La normativa attraverso un decreto attuativo specifica le certificazioni necessarie per identificare le varie categorie in stato di svantaggio. Attualmente, sono riconosciuti in condizione di svantaggio:
Il richiedente ADI dovrà presentare telematicamente la richiesta dell’Assegno di Inclusione all’INPS. Poi, l’INPS informerà il richiedente che, per ricevere il beneficio economico, dovrà iscriversi alla piattaforma digitale SIISL per sottoscrivere un Patto di Attivazione Digitale, autorizzando la trasmissione dei dati relativi alla domanda a vari enti e soggetti accreditati.
L’articolo 6, comma 5, lettera d-bis, prevede una presa in carico da centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni o dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita, anche a seguito di provvedimento dell’Autorità Giudiziaria.
A partire dal 1° gennaio 2024, la pensione di cittadinanza sarà abolita. Tuttavia, per i nuclei con determinate caratteristiche, sarà possibile richiedere l’Assegno di inclusione.
Secondo l’articolo 8, comma 11, del Decreto-Legge 48/2023, i comuni sono responsabili delle verifiche anagrafiche per il riconoscimento del beneficio, incrociando le informazioni dell’ISEE con i dati anagrafici e quelli raccolti dai servizi sociali.
Tuttavia, l’INPS verifica preventivamente i requisiti anagrafici sulla base delle informazioni fornite dal Ministero dell’Interno tramite l’Anagrafe nazionale della popolazione residente. L’INPS può richiedere ai comuni ulteriori verifiche in caso siano necessarie informazioni supplementari.
I controlli del nucleo familiare saranno effettuati prima di erogare l’Assegno di inclusione. La richiesta dell’assegno avviene tramite modalità telematiche all’INPS, che lo concede previa verifica dei requisiti e delle condizioni legali. Questa verifica si basa sulle informazioni disponibili nei database dell’INPS, dei comuni, del Ministero dell’Interno tramite l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), del Ministero della Giustizia, del Ministero dell’Istruzione e del Merito, dell’Anagrafe tributaria, del pubblico registro automobilistico e di altre pubbliche amministrazioni. I controlli previsti dall’articolo 7 del Decreto lavoro convertito in Legge restano validi.
Per richiedere l’ADI è necessario aver risieduto in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo per il richiedente. Gli altri membri del nucleo familiare inclusi nella scala di equivalenza devono essere residenti in Italia al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio. Sono stati sollevati dubbi riguardo a questo criterio dall’UE per il Reddito di Cittadinanza, come spiegato in questo approfondimento.
Il requisito della residenza in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, si applica solo al richiedente del beneficio economico e non ai membri del nucleo familiare inclusi nella scala di equivalenza. Per questi ultimi, è necessario essere residenti in Italia al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio.
La norma richiede solo che risiedano in Italia al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio.
In attesa di ulteriori dettagli sulle procedure di controllo, si ricorda che il beneficiario dell’Assegno di inclusione è tenuto a comunicare qualsiasi cambiamento nelle condizioni e nei requisiti di accesso entro quindici giorni, incluso il mantenimento della residenza in Italia, pena la decadenza dal beneficio.
Se non sono trascorsi 10 anni dalla condanna, una persona non può richiedere l’Assegno di inclusione. In particolare, il richiedente o un membro del nucleo familiare incluso nella scala di equivalenza non deve essere soggetto a misure cautelari personali o di prevenzione. Inoltre, non deve aver ricevuto una condanna definitiva o una sentenza ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale nei dieci anni precedenti la richiesta.
Chi lavora può richiedere l’Assegno di inclusione purché rispetti i requisiti e le condizioni previsti dalla legge. La misura è compatibile con l’attività lavorativa, e in caso di variazioni nell’occupazione, il reddito aggiuntivo da lavoro dipendente non influisce sul beneficio fino a un limite di 3000 euro lordi annui. I redditi eccedenti questa soglia concorrono alla determinazione del beneficio a partire dal mese successivo alla variazione, fino a quando non sono inclusi nell’ISEE per l’intero anno. Comunque, è obbligatorio comunicare qualsiasi cambiamento nelle condizioni e nei requisiti entro quindici giorni, pena la decadenza dal beneficio.
Sì, viene introdotta una scala diversa dalla RDC per calcolare il beneficio e la soglia di reddito familiare per l’accesso. Puoi trovare ulteriori dettagli nella presentazione sul Assegno di Inclusione a partire dalla pagina 27 al seguente link: Slide su Assegno di Inclusione (pdf).
Il coniuge fa parte del nucleo familiare per l’ISEE, ma non può essere incluso nella scala di equivalenza in quanto non è residente in Italia.
In attesa dell’adozione di un decreto attuativo specifico, i beneficiari diversi dai soggetti attivabili al lavoro devono presentarsi ai servizi sociali o presso gli istituti di patronato ogni 90 giorni per confermare la situazione della famiglia. Durante queste occasioni, verrà verificata la presenza in Italia dei membri del nucleo familiare e sarà accertata la continuità della residenza.
Per l’elaborazione dell’ISEE familiare in situazioni con minorenni, si segue quanto stabilito dall’articolo 7 del DPCM 159/2013. Questo articolo prevede criteri specifici per il calcolo dell’ISEE a seconda delle diverse configurazioni familiari del minore beneficiario. In particolare, il genitore non convivente e non sposato con l’altro genitore, che ha riconosciuto il figlio, è incluso nel nucleo familiare del minore per il calcolo dell’ISEE, salvo alcune eccezioni:
Nei casi di matrimonio con un partner diverso o di avere figli con un altro partner, l’ISEE include una componente aggiuntiva basata sulla situazione economica del genitore non convivente, come dettagliato nell’allegato 2, comma 2, del DPCM.
Pertanto, per le prestazioni rivolte a minori figli di genitori non sposati e non conviventi, è necessario considerare la situazione del genitore non coniugato e non convivente per determinare l’incidenza sull’ISEE del nucleo familiare del minore. Per dettagli aggiuntivi, si rimanda alle istruzioni per la compilazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (pdf).
L’articolo 3, comma 1 del DPCM 159/2013 stabilisce che il nucleo familiare del richiedente una prestazione sociale agevolata è costituito dai soggetti componenti la “famiglia anagrafica” alla data di presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica – DSU, come risulta dallo stato di famiglia rilasciato dagli uffici comunali di residenza, salvo eccezioni previste dalla normativa vigente.
Se un provvedimento dell’autorità giudiziaria colloca un minore e la madre in una casa-famiglia a totale carico della pubblica amministrazione, non sarà possibile presentare domanda per l’Assegno di inclusione, in quanto i componenti del nucleo familiare non sono conteggiati nella scala di equivalenza per tutto il periodo in cui risiedono in strutture a totale carico pubblico, secondo l’articolo 2, comma 5 del Decreto lavoro convertito in Legge.
Il requisito della mancata sottoposizione a misura cautelare personale o a misura di prevenzione, così come la mancanza di sentenze definitive di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, si applica al “beneficiario dell’Assegno di inclusione” e non all’intero nucleo. Per beneficiario dell’Assegno di inclusione si intende il richiedente o il componente del nucleo considerato nella scala di equivalenza per determinare il beneficio economico.
Secondo l’articolo 6, comma 3 del Decreto lavoro convertito in Legge, i genitori con responsabilità genitoriali sono indirizzati ai servizi per il lavoro per la sottoscrizione del Patto di servizio personalizzato, nel quale è possibile aderire ai percorsi formativi previsti dal Programma nazionale GOL per la Garanzia di occupabilità dei Lavoratori, come parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
I componenti con carichi di cura sono valutati in base alla presenza di minori di tre anni, di tre o più figli minori, o di componenti del nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza, come stabilito nell’allegato 3 al DPCM 159/2013.
Finché non saranno fornite ulteriori specifiche, attualmente si fa riferimento a un solo coniuge indicato nella richiesta di esonero.
Secondo l’articolo 3, comma 7 del Decreto lavoro convertito in Legge, la cumulabilità con il beneficio ADI è riconosciuta entro il limite massimo annuo di 3000 euro lordi per partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano indennità o benefici. Per i tirocini assimilabili a politiche attive del lavoro, la parte che eccede i 3000 euro sarà considerata ai fini della determinazione dell’ammontare del beneficio spettante. Per i tirocini di inclusione sociale, la legislazione che li definisce è regionale, quindi si consiglia di consultare la specifica legislazione regionale per ulteriori dettagli.
Se un beneficiario RDC termina il suo beneficio il 30 giugno, il sostegno al tirocinio di inclusione sociale può ancora essere erogato se il beneficiario percepiva ancora il RDC al momento della firma. Secondo l’orientamento consolidato, la durata del tirocinio può superare la durata del beneficio economico, consentendo la prosecuzione del tirocinio per le persone che hanno terminato di ricevere il RdC dopo almeno sette mensilità e sono state avviate ai centri per l’impiego. L’intervento può essere finanziato tramite la quota servizi del fondo povertà, se previsto, o se rappresenta una naturale prosecuzione del Patto di Inclusione Sociale già stipulato con il beneficiario.
Se il tirocinio è avviato per un nucleo preso in carico dai servizi sociali all’interno di un progetto di inclusione sociale, la durata del progetto può superare la durata del beneficio economico. È possibile proseguire il tirocinio di inclusione oltre la scadenza del RDC. L’intervento può essere finanziato tramite la quota servizi del fondo povertà, se previsto, o se rappresenta una naturale prosecuzione del Patto di Inclusione Sociale già stipulato con il beneficiario.
Se il tirocinio è avviato per un nucleo assistito dai servizi sociali all’interno di un progetto di inclusione sociale, la durata del progetto può superare la durata del beneficio economico. È possibile continuare il tirocinio di inclusione anche dopo la scadenza del Rdc. L’intervento può essere finanziato tramite la quota servizi del fondo povertà, se previsto, o se rappresenta una naturale prosecuzione del Patto di Inclusione Sociale già stipulato con il beneficiario.
Se l’unione dei Comuni ha la configurazione di Ambito territoriale sociale con operatori abilitati a operare sulla piattaforma GePI, come avviene attualmente per il Reddito di cittadinanza, gli operatori potranno operare nello stesso modo per la futura misura di contrasto alla povertà.
Sì, verrà introdotta una nuova piattaforma chiamata Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL) per attivare percorsi personalizzati per i beneficiari dell’Assegno di inclusione (ADI), garantendo il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni e promuovendo percorsi autonomi di ricerca di lavoro e sviluppo delle competenze da parte dei beneficiari. La piattaforma conterrà varie informazioni per consentire ai beneficiari di seguire il proprio percorso di attivazione sociale e lavorativa. SIISL includerà le attuali piattaforme GePI, MyAnpal e SIU, mentre gli operatori dei Comuni continueranno a utilizzare GePI.
A partire dal 1° settembre 2023, i beneficiari del servizio formazione lavoro inizieranno a utilizzare la piattaforma SIISL, mentre dal 1° gennaio 2024 si aggiungeranno i beneficiari dell’Assegno di inclusione (ADI).
La questione è ancora parzialmente in fase di definizione. Al momento, si prevede che i CAF e gli istituti di patronato offrano assistenza durante la fase di inoltro della domanda. Tuttavia, non è ancora chiaro se questi enti potranno fornire supporto anche nelle fasi successive, quali la registrazione sulla piattaforma informatica e la firma del patto di attivazione digitale. Ulteriori dettagli saranno forniti in seguito.
Con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione (ADI), è prevista la stipula di un Patto per l’inclusione sociale per ogni nucleo familiare. I componenti individuati come idonei all’inserimento lavorativo, in seguito ad una valutazione iniziale, saranno indirizzati ai servizi per il lavoro per la firma di un Patto di servizio. Questo processo è parzialmente differente da quello adottato per il Reddito di cittadinanza, dove nell’ambito del Patto di inclusione, un singolo membro del nucleo poteva essere impegnato in attività lavorative tramite la firma di un Patto di servizio con il Centro per l’Impiego (CPI). Ora, non è più possibile indirizzare l’intero nucleo familiare al centro per l’impiego.
Effettivamente, secondo le regole dell’ADI, non si contempla più la decurtazione delle mensilità del beneficio. Invece, si applica esclusivamente la sospensione o la decadenza dal diritto all’Assegno di inclusione sociale. Per approfondimenti, si rimanda alla pagina 75 e seguenti delle slide sull’Assegno di inclusione, disponibili in questa pagina.
Le convocazioni dei beneficiari idonei all’attivazione lavorativa, dei richiedenti la misura e dei loro nuclei familiari, effettuate dai comuni, sia singoli che associati, possono avvenire attraverso la piattaforma di attivazione o con altri metodi, come messaggistica telefonica o e-mail, utilizzando i contatti forniti dai beneficiari. Queste procedure sono stabilite secondo le modalità concordate durante la Conferenza unificata, come indicato nell’articolo 8 del Decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Durante la valutazione multidimensionale dei nuclei familiari nell’ambito dell’ADI, è richiesta la valutazione della condizione lavorativa dei componenti con responsabilità genitoriali, i quali sono soggetti agli obblighi di partecipazione alle attività di politica attiva del lavoro.
Sì. Nel contesto dell’ADI, è prevista la stipula di un Patto per l’inclusione sociale per ciascun nucleo familiare. I singoli componenti obbligati, che risultano attivabili al lavoro a seguito di una valutazione iniziale, saranno diretti anche ai servizi per il lavoro per la firma del Patto di servizio.
Conforme all’art. 6, comma 5 bis, del Decreto lavoro convertito in Legge, nel quadro del percorso personalizzato è possibile includere l’obbligo di partecipare a progetti utili alla collettività. Questi progetti, di competenza dei comuni o di altre entità pubbliche in accordo con i comuni, possono riguardare settori come cultura, sociale, artistico, ambientale, formativo e la tutela dei beni comuni. Tali attività si svolgono nel comune di residenza del beneficiario, in modo compatibile con le sue altre impegni.
L’Assegno di inclusione è accessibile a coloro che soddisfano i requisiti e le condizioni previste dall’art. 2 del Decreto lavoro convertito in Legge, sia al momento della domanda sia durante tutto il periodo di erogazione del beneficio. La misura è compatibile con l’impiego lavorativo, rispettando i limiti economici stabiliti.
Se durante l’erogazione dell’ADI si verifica un cambiamento nella situazione lavorativa di uno o più membri del nucleo familiare, come l’inizio di un’attività lavorativa dipendente, il reddito aggiuntivo guadagnato non influisce sul calcolo del beneficio economico fino a un massimo di 3.000 euro lordi all’anno. Il reddito che supera questa soglia influisce sul calcolo del beneficio a partire dal mese successivo al cambiamento, fino a quando non viene incluso nell’ISEE annuale. L’inizio dell’attività lavorativa dipendente viene determinato dalle comunicazioni obbligatorie, e i redditi derivanti da tale attività devono essere comunicati all’INPS.
Per incentivare l’autoimprenditorialità, ai beneficiari che avviano un’attività d’impresa o di lavoro autonomo viene garantito il mantenimento dell’Assegno di inclusione per le due mensilità successive al cambiamento della condizione lavorativa, senza variazioni e rispettando la durata complessiva del beneficio. Il beneficio viene poi aggiornato trimestralmente, considerando il trimestre precedente, e il reddito viene conteggiato per l’importo che supera i 3.000 euro lordi annui.
È importante ricordare che i beneficiari dell’Assegno di inclusione sono tenuti a comunicare all’INPS ogni variazione che influisce sulle condizioni e sui requisiti di accesso al beneficio entro quindici giorni dall’evento modificativo, altrimenti rischiano la decadenza dal beneficio.
È obbligatorio formalizzare l’impegno.
Conformemente a quanto previsto dall’articolo 12, comma 1, del Decreto lavoro convertito in Legge, le misure di Supporto per la Formazione ed il Lavoro includono anche i progetti utili alla collettività, definiti nell’articolo 6, comma 5-bis, dello stesso decreto.
Ecco finalmente come fare la spesa gratis. A pagare il conto ci pensa Giorgia Meloni…
Ottime notizie per le Partite IVA, in quanto potrete ottenere fino a 1200€ di rimborso.…
In Italia il picco influenza 2025 è stato superato ma negli ospedali si contano molti…
Ciao ciao tasse! Da questo momento in poi il Fisco non potrà più chiederti un…
Quante volte lo diciamo nel corso della giornata? Tantissime. Ma ti sei mai chiesto da…
Il digital banking potrebbe non essere la soluzione: così gli italiani si sono affrettati presso…