Nel corso della conferenza stampa dedicata alla presentazione della legge di bilancio, la Premier Meloni ha annunciato ufficialmente la conferma del piano di riduzione del cuneo contributivo destinato ai lavoratori con redditi più modesti, estendendo tale misura anche per l’anno 2024.
Le nuove disposizioni stabiliscono un aumento del taglio al 7% per i redditi fino a 25.000 euro e al 6% per quelli fino a 35.000 euro. Tuttavia, dietro a questa iniziativa si cela un paradosso che solleva interrogativi significativi sull’effettivo beneficio per coloro che superano la soglia dei 35.000 euro lordi.
Analizziamo, nel dettaglio, le diverse implicazioni di questa decisione.
La Legge di Bilancio per l’anno 2024 ha confermato l’incremento del taglio del cuneo fiscale, una misura che ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica. Secondo le nuove disposizioni normative, il taglio è stato portato al 7% per i redditi fino a 25.000 euro e al 6% per quelli fino a 35.000 euro. Tuttavia, dietro a questa iniziativa emerge un paradosso, come evidenziato dalla presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, durante la sua esposizione davanti alle Commissioni Bilancio congiunte.
Cavallari ha chiarito il paradosso con precisione: “La modalità per fasce determina la cessazione di ogni beneficio oltre la soglia di retribuzione lorda di 35.000 euro”. Ciò implica che, superata questa soglia, anche di un solo euro, si verificherebbe una significativa perdita, ammontante a circa 1.100 euro.
In pratica, nonostante l’incremento del taglio del cuneo fiscale, esiste un netto limite al beneficio che un lavoratore può ottenere, sollevando interrogativi sull’effettivo impatto positivo per coloro che superano la soglia dei 35.000 euro lordi. Clicca qui per simulazione e dettagli sul taglio del cuneo fiscale 2024.
Per ottenere una visione completa del quadro, è cruciale definire il concetto di cuneo fiscale, che rappresenta la somma totale delle imposte e dei contributi previdenziali versati sia dal datore di lavoro che dal lavoratore.
Ridurre il cuneo fiscale, quindi, significa diminuire la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la busta paga netta ricevuta dal lavoratore. Ciò si traduce in uno stipendio netto più elevato per il lavoratore, un vantaggio che il Governo intende concedere attraverso il taglio del cuneo fiscale.
Tuttavia, l’effetto complessivo potrebbe essere limitato per coloro che superano la soglia specificata.
Secondo Cavallari nel caso in cui la decontribuzione passasse da intervento temporaneo a permanente, da un lato, comporterebbe un forte disincentivo al lavoro, e, dall’altro, renderebbe più complesso il raggiungimento degli accordi di rinnovo contrattuale, una questione di particolare importanza dopo l’erosione del potere d’acquisto causata dall’inflazione.
L’aumento del salario lordo dovrebbe, infatti, compensare la perdita del beneficio contributivo, tenendo conto anche delle già elevate aliquote marginali sul versante fiscale. “Nel caso della seconda soglia, nell’attuale contesto, l’incremento necessario si aggirerebbe intorno ai 2.000 euro,” specifica la presidente.
Un effetto simile si è già verificato con il “bonus Renzi”. Il rigido stop al beneficio oltre i 2.962 euro di retribuzione lorda mensile introduce una notevole discontinuità nel rapporto tra retribuzione lorda e netta. Pertanto, la condizione attuale rende poco attraente e conveniente valutare un incremento salariale, sia per le aziende che per i dipendenti. Questa dinamica riflette precisamente l’effetto distorto evidenziato dall’Ufficio.
In relazione al taglio del cuneo fiscale, si prospettano alcune rilevanti implicazioni legate alla nuova Irpef. La riduzione delle aliquote da quattro a tre, combinata con le modifiche alle detrazioni, consente ai lavoratori di beneficiare di un incremento di 75 euro all’anno in busta paga per i redditi da lavoro dipendente compresi tra gli 8.000 e i 15.000 euro.
Questo vantaggio aumenta a 260 euro per coloro che percepiscono una retribuzione annua compresa tra i 15.000 e i 28.000 euro. Tuttavia, oltre i 50.000 euro, il beneficio si annulla come conseguenza del taglio delle detrazioni per oneri e spese non sanitarie. Approfondisci i benefici del taglio del cuneo fiscale per i dipendenti.
Bankitalia ha quantificato i benefici derivanti dal taglio del cuneo fiscale e dall’adozione dell’Irpef a tre aliquote. Attualmente, gli scaglioni su cui si calcolano le tasse sono così strutturati:
Secondo i calcoli di Bankitalia, si prevede un aumento del reddito disponibile delle famiglie pari all’1,5%, corrispondente a una media di 600 euro all’anno. Tale beneficio coinvolgerebbe tre famiglie su quattro. Le famiglie collocate tra il secondo e il sesto decimo della distribuzione di reddito trarrebbero maggior vantaggio dagli incrementi, mentre i benefici risultano essere inferiori nei decimi di reddito più elevati.
Bankitalia, tuttavia, manifesta qualche dubbio sulla sostenibilità della misura, la quale comporterebbe un costo di circa 10,7 miliardi di euro per l’erario, bruschi aumenti del debito e nuovi scostamenti di bilancio.
Nel caso specifico del taglio del cuneo fiscale sopra i 35.000 euro, emergono dinamiche interessanti che possono influenzare in modo significativo il reddito disponibile dei lavoratori.
Poiché il taglio del cuneo fiscale è implementato per fasce, la riduzione del 7% viene applicata mensilmente ai lavoratori il cui stipendio di riferimento non supera i 1.923 euro, corrispondenti a circa 25.000 euro annui considerando tredici mensilità. Tale sconto diminuisce al 6% sull’intero salario quando questo supera la soglia, ma non oltre gli 2.692 euro mensili, equivalenti a circa 35.000 euro annui. È importante notare che questa agevolazione non si applica alla tredicesima mensilità, influenzando così l’incidenza effettiva, che si attesta al 6,5% e al 5,5% nelle due fasce di decontribuzione (25.000 e 35.000 euro).
Lo sgravio raggiunge il suo massimo di circa 1.600 euro nel limite superiore della prima fascia e poco più di 1.900 euro nel limite superiore della seconda fascia. Tuttavia, l’adozione di uno sconto graduale per fasce anziché per scaglioni introduce una dinamica particolare: superare la prima fascia di soli un euro comporta una riduzione dell’agevolazione di circa 150 euro, influenzando in modo limitato il reddito disponibile. Al contrario, la diminuzione del reddito disponibile è notevolmente più significativa, pari a circa 1.100 euro, nel caso in cui la retribuzione lorda superi la soglia critica di 35.000 euro.
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