Busta paga 2024: le cause che incidono sulla diminuzione dello stipendio

Busta paga 2024: le cause che incidono sulla diminuzione dello stipendio

Le buste paga con importi inferiori alle aspettative sono fonte di preoccupazione per molti lavoratori. Spesso, la causa di questo decremento può essere ricondotta alle giornate di assenza non retribuite o parzialmente pagate.

Assenza ingiustificata: l’impatto sullo stipendio

L’assenza ingiustificata, come suggerisce il termine stesso, non è né remunerata né soggetta a contribuzione. Si definisce tale l’assenza del dipendente che non ha avvisato l’azienda con adeguato preavviso della sua mancata presenza al lavoro e che, nei giorni successivi, non è in grado di fornire una valida motivazione per tale comportamento.

Questa forma di assenza è considerata la più grave poiché, se diventasse un comportamento ripetuto, potrebbe costituire una ragione sufficiente per procedere al licenziamento per giusta causa. Inoltre, attualmente in discussione al Parlamento, vi è una proposta che, se approvata, equiparerebbe la quinta assenza ingiustificata consecutiva a un’atto di dimissioni.

Permessi non retribuiti: bilanciare lavoro e vita personale

A differenza delle assenze ingiustificate, i permessi – o congedi e aspettative – non retribuiti, sebbene non comportino alcuna retribuzione nel cedolino paga, almeno consentono di giustificare l’assenza, evitando così il rischio di essere licenziati.

In tale contesto, rientrano in questa categoria:

  • Permesso per la malattia del figlio: senza limiti nei primi 3 anni di vita del bambino (e nel pubblico impiego i primi 30 giorni vengono persino remunerati), mentre tra i 3 e gli 8 anni spettano 5 giorni all’anno per ciascun genitore;
  • Aspettativa non retribuita richiesta per gravi motivi personali e familiari, che può essere richiesta ad esempio in caso di malattia del coniuge, del convivente o di un parente fino al secondo grado. I singoli Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) specificano più dettagliatamente le ragioni per cui il dipendente può usufruirne. Può essere continua o frazionata, ma non può superare i 2 anni. Oltre questo termine, il dipendente è esposto al rischio di licenziamento;
  • Aspettativa richiesta per lo svolgimento di altre attività, come ad esempio per dedicarsi a percorsi formativi (massimo 11 mesi, da non confondere con i permessi studio) riservata a chi è in azienda da almeno 5 anni, oppure per svolgere una carica pubblica elettiva (in questo caso vale per tutta la durata del mandato), per fare volontariato (90 giorni in un anno, al massimo 30 continuativi).

Permessi retribuiti ma parziali

Esistono anche forme di permesso o congedo che consentono al dipendente di mantenere sia il diritto alla retribuzione che al posto di lavoro, sebbene comportino comunque una riduzione dello stipendio. In tali giornate, infatti, al lavoratore è riconosciuta una quota parziale della retribuzione abitualmente percepita. Ecco alcuni esempi:

  • Permessi per malattia, poiché l’indennità Inps è del 50% della retribuzione dal 4° al 20° giorno di malattia, e del 66,66% dal 21° al 180° giorno. Tuttavia, alcuni CCNL prevedono che il datore di lavoro debba integrare questa percentuale, garantendo quindi un importo superiore (in alcuni casi pari alla normale retribuzione);
  • Congedo di maternità, pagato all’80% della retribuzione, ma con il medesimo principio dell’indennità di malattia. In alcuni CCNL, infatti, le aziende devono coprire la parte mancante, rendendo quindi la retribuzione uguale a quella del periodo lavorativo;
  • Congedo parentale, dove sia per il padre che per la madre i giorni di assenza per prendersi cura del bambino nei primi anni di vita sono retribuiti al 30% della retribuzione e solo per un certo periodo. Infatti, sono retribuiti al massimo 9 mesi di congedo, per un totale di 6 mesi per genitore. Gli eventuali giorni che eccedono questo limite (pur rimanendo all’interno delle 11 mensilità complessive per ogni genitore) non sono retribuiti. È importante notare che per coloro che rientrano dal congedo di maternità nel corso del 2024, i primi 2 mesi di congedo sono retribuiti all’80%.

In conclusione, è importante che i lavoratori siano consapevoli delle politiche aziendali e delle leggi che regolano le assenze retribuite e non. Questo permette loro di pianificare le loro assenze in modo da minimizzare l’impatto sul proprio reddito e sulla sicurezza del posto di lavoro.