Il preavviso di dimissioni è un aspetto fondamentale nel contesto lavorativo, che regola la durata e le modalità di interruzione di un contratto di lavoro. Sia per il lavoratore che per il datore di lavoro, questo periodo di tempo consente di pianificare la transizione e di evitare situazioni problematiche.
In questa guida, esploreremo tutto ciò che c’è da sapere sul preavviso di dimissioni: come calcolarlo, le normative di riferimento, le conseguenze di un mancato rispetto e le eccezioni in cui non è richiesto.
Il termine “preavviso di dimissioni” indica il periodo che intercorre tra la comunicazione delle dimissioni e l’ultimo giorno di lavoro. Quando un rapporto di lavoro si conclude, questa fase di preavviso permette di evitare un’immediata cessazione del contratto, dando alle parti coinvolte tempo per pianificare e organizzare il cambiamento. Il preavviso serve a proteggere sia il lavoratore che l’azienda, consentendo loro di adattarsi alla transizione.
La durata del preavviso varia a seconda dei contratti collettivi nazionali applicati e dell’anzianità del lavoratore. In alcuni casi, è possibile che il licenziamento avvenga senza preavviso, soprattutto in caso di violazioni gravi, come l’abbandono del posto di lavoro o comportamenti che compromettono l’affidabilità del dipendente. Se non viene rispettato il periodo di preavviso, il lavoratore è tenuto a pagare una somma sostitutiva.
Quando un contratto di lavoro termina, generalmente non si verifica una cessazione immediata, ma viene rispettato un periodo di preavviso tra la comunicazione delle dimissioni e la fine effettiva del contratto. Questo periodo garantisce all’azienda il tempo necessario per riorganizzare il lavoro e cercare un sostituto.
La stessa regola vale anche per il datore di lavoro che recede dal contratto, ad eccezione di situazioni di “licenziamento immediato” che si verificano in caso di gravi infrazioni. Durante il periodo di preavviso, il lavoratore continua a percepire la retribuzione abituale. Se il preavviso non viene rispettato, si può incorrere in una penalità economica, rappresentata da una compensazione per il mancato avviso.
Rispettare questa prassi, oltre a essere una questione legale, è anche un atto di professionalità, poiché consente all’altra parte di organizzarsi al meglio.
Il periodo di preavviso per le dimissioni non ha una durata fissa, ma varia in base a diversi fattori, come il tipo di contratto, la qualifica lavorativa e l’anzianità di servizio. Il preavviso si applica principalmente ai contratti a tempo indeterminato.
Per esempio, un lavoratore full-time con oltre 5 anni di anzianità ha diritto a 15 giorni di preavviso, che si riducono a 8 giorni se l’anzianità è inferiore ai 5 anni. I lavoratori part-time con più di 2 anni di servizio hanno diritto a 8 giorni di preavviso, che scendono a 4 giorni per coloro che hanno meno di 2 anni di anzianità.
Nel caso di un contratto di apprendistato, la normativa prevede che sia possibile risolvere anticipatamente il contratto, dando un preavviso di 15 giorni. Nel caso di dimissioni durante il periodo di prova, il dipendente non è obbligato a dare alcun preavviso.
Nei contratti a tempo determinato, infine, non è previsto un periodo di preavviso: il lavoratore deve attendere la scadenza naturale del contratto per cessare il rapporto di lavoro.
Con il Decreto Legislativo 151/2015 (Jobs Act), è stata introdotta la procedura telematica per le dimissioni, che sostituisce la modalità cartacea a partire dal marzo 2016. Il portale cliclavoro.gov.it è stato creato per prevenire le “dimissioni in bianco”, una pratica che sfruttava la vulnerabilità dei lavoratori.
Il processo per presentare le dimissioni telematiche è semplice:
Con la legge n. 203/2024, sono state introdotte modifiche all’articolo 26 del Decreto Legislativo 151/2015. Se un lavoratore si assenta ingiustificatamente per più di 15 giorni, il datore di lavoro può considerarlo come dimissioni volontarie, senza necessità di un incontro formale.
In caso di assenza ingiustificata, il datore di lavoro deve seguire una procedura precisa:
Tuttavia, questa procedura presenta alcune problematiche. Non è previsto un obbligo di contattare il lavoratore prima di procedere con la cessazione, il che potrebbe risultare problematico se il lavoratore non è consapevole della conclusione del contratto. Inoltre, non è chiaro se la data di decorrenza delle dimissioni debba coincidere con il primo o il sedicesimo giorno di assenza. Un altro aspetto controverso riguarda l’indennità di mancato preavviso: il datore di lavoro potrebbe trattenerla, come previsto dall’art. 2118 del Codice Civile.
Infine, l’Ispettorato del Lavoro verificherà se l’assenza è giustificata. Se il lavoratore può provare che l’assenza era legittima, la cessazione del contratto potrebbe essere annullata.
Quando il datore invia la comunicazione all’Ispettorato, deve fornire informazioni dettagliate sull’azienda, il lavoratore e l’assenza, come la data di assunzione, il tipo di contratto, la qualifica, e i dettagli dell’assenza.
Quando un lavoratore non rispetta il periodo di preavviso, l’azienda ha il diritto di richiedere un’indennità per il mancato preavviso. Questo risarcimento compensa i danni causati dall’improvvisa assenza del dipendente, generalmente corrispondente allo stipendio che il lavoratore avrebbe percepito durante il preavviso.
La stessa regola si applica nel caso in cui sia l’azienda a non rispettare il periodo di preavviso previsto, con il lavoratore che può chiedere il pagamento per il periodo di lavoro non svolto.
Tuttavia, le parti possono decidere di concordare un accordo, in cui entrambe le parti rinunciano a rispettare il periodo di preavviso. Se l’azienda desidera concludere il contratto prima del termine previsto, deve ottenere il consenso del lavoratore, offrendo in cambio l’indennità per il mancato preavviso. Analogamente, anche il lavoratore che desidera concludere il contratto prima del previsto può accordarsi con l’azienda, rinunciando all’indennità dovuta.
In generale, quando viene versata l’indennità sostitutiva del preavviso, il rapporto di lavoro si considera concluso immediatamente.
Il preavviso di dimissioni non è richiesto nei seguenti casi:
Inoltre, il preavviso può essere sospeso nel caso in cui il lavoratore si trovi in malattia, in ferie o in maternità. In questi casi, il preavviso viene “sospeso” e riprenderà al rientro del dipendente. Se il dipendente non riprende il lavoro, l’azienda dovrà comunque corrispondere l’indennità sostitutiva.
Il preavviso può interrompersi prima del previsto in caso di malattia, ferie intercorse nel periodo o maternità. Si parla in questo caso di preavviso sospeso che viene “ripreso” dopo il rientro del dipendente a lavoro. In caso contrario, si dovrà pagare la relativa indennità.
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