Malattia INPS: guida completa per i lavoratori

L’indennità di malattia INPS rappresenta un aiuto economico fondamentale per i lavoratori dipendenti che, a causa di una malattia, non possono svolgere la propria attività lavorativa. In questa guida, analizzeremo nel dettaglio come funziona l’indennità in busta paga, i requisiti necessari per ottenerla, le modalità di calcolo dell’importo spettante e il procedimento per richiederla.

Cos’è la malattia INPS e chi ne ha diritto

L’indennità di malattia INPS è una misura previdenziale rivolta ai lavoratori dipendenti impossibilitati a lavorare per motivi di salute. Sebbene il datore di lavoro non sia obbligato a corrispondere lo stipendio durante l’assenza, l’articolo 38 della Costituzione assicura il diritto dei lavoratori a ricevere mezzi di sostentamento adeguati per far fronte alle proprie necessità.

Questa indennità viene erogata principalmente dall’INPS, con la possibilità che il datore di lavoro integri l’importo qualora previsto dal contratto collettivo applicato. Nei casi in cui l’INPS non intervenga, il pagamento della malattia spetta interamente al datore di lavoro, che garantisce al dipendente il normale trattamento retributivo.

Non tutti i lavoratori, tuttavia, possono accedere a questa prestazione. L’indennità è soggetta a limiti temporali e di importo, con specifiche modalità di calcolo. I beneficiari includono:

  • Operai di tutti i settori contributivi (industria, artigianato, commercio, credito e assicurazioni, agricoltura);
  • Apprendisti;
  • Lavoratori a tempo indeterminato sospesi o cessati, purché la malattia insorga entro 60 giorni dalla fine del rapporto di lavoro.

Sono esclusi dall’indennità quadri, dirigenti e impiegati di tutti i settori, ad eccezione di quelli appartenenti al comparto del commercio.

Indennità di malattia: chi paga e come si calcola

L’indennità di malattia, salvo nei casi di pagamento diretto da parte dell’INPS, viene anticipata dal datore di lavoro, il quale poi recupera l’importo versandolo attraverso i contributi con il modello F24. Sebbene le somme erogate siano esenti da contributi previdenziali, sono soggette a tassazione IRPEF.

In generale, l’indennità viene erogata ai lavoratori dipendenti come segue:

  • 50% della retribuzione media giornaliera dal quarto al ventesimo giorno;
  • 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno.

Per alcune categorie, l’indennità può variare:

  • L‘80% per i dipendenti di pubblici esercizi e pasticcerie durante l’intero periodo di malattia.
  • Ai disoccupati e ai lavoratori sospesi, l’indennità è ridotta a due terzi della misura prevista (come indicato nella circolare INPS del 28 gennaio 1981, n. 134368- A.G.O./14).
  • Durante il ricovero ospedaliero, l’indennità è ridotta a due quinti per tutta la durata del ricovero, ad eccezione del giorno delle dimissioni, quando si applica la misura intera.

Per i lavoratori marittimi, l’indennità è pari al 75% della retribuzione percepita al momento dello sbarco, sia in caso di malattia fondamentale che complementare. Nei casi di continuità del rapporto di lavoro, l’indennità per i marittimi è:

  • 50% per i primi 20 giorni;
  • 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno.

Per i lavoratori dello spettacolo, l’indennità di malattia è calcolata come segue:

  • 60% della retribuzione media giornaliera fino al ventesimo giorno di malattia, comprese le domeniche e le festività;
  • 80% dal ventunesimo al centottantesimo giorno;
  • 40% per i lavoratori disoccupati e per i giorni non lavorativi della settimana, nei casi in cui l’attività lavorativa sia svolta solo in determinati giorni settimanali.

Per determinare l’importo dell’indennità, si considera la retribuzione lorda percepita nel mese o nelle 4 settimane precedenti l’inizio della malattia, con riferimento all’imponibile previdenziale su cui sono calcolati i contributi INPS. Se il periodo di lavoro non copre un mese intero, si calcola sulla base della retribuzione spettante per il periodo lavorato. Se non si è lavorato nemmeno un giorno, si fa riferimento all’ultimo periodo retribuito disponibile.

Certificati di malattia: obblighi e invio telematico

Quando un lavoratore si ammala e necessita dell’indennità di malattia INPS, è fondamentale seguire alcune procedure riguardanti il certificato di malattia. Questo documento non solo certifica l’interruzione dell’attività lavorativa e la data presunta di ripresa, ma fornisce anche i dati necessari per il controllo fiscale da parte dell’INPS. L’INPS avrà accesso alle informazioni anagrafiche del lavoratore e al suo indirizzo di reperibilità, che deve essere aggiornato correttamente per evitare problemi durante i controlli. Sebbene l’indirizzo di reperibilità non debba corrispondere a quello di residenza, è possibile modificarlo per indicare un luogo diverso dove il lavoratore può essere trovato durante la malattia.

In particolare, i dipendenti privati devono informare sia il datore di lavoro che la struttura INPS competente, mentre per i dipendenti pubblici, è l’amministrazione che provvede a fare questa comunicazione. Se il lavoratore si trasferisce all’estero, è necessario seguire procedure specifiche, in particolare per i paesi extra-UE. Per aggiornare l’indirizzo di reperibilità, l’INPS offre anche la possibilità di accedere a un servizio online tramite SPID, CIE o CNS.

Fasce di reperibilità per le visite fiscali

Secondo quanto comunicato dal messaggio INPS 4620/2023, le fasce orarie per i controlli durante la malattia sono rimaste invariate anche per il 2025. I lavoratori assenti per motivi di salute possono essere soggetti a visite fiscali quotidianamente, compresi i giorni festivi, nelle fasce orarie dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00. Questi orari si riferiscono al periodo di malattia che inizia dal giorno di rilascio del certificato medico. Inoltre, nel caso di visite domiciliari, l’INPS considera parte del periodo di malattia anche il giorno precedente l’emissione del certificato, purché tale giorno sia feriale e indicato espressamente dal medico nel documento.

Cosa succede in caso di assenza prolungata dal lavoro

Quando un lavoratore si ammala e deve assentarsi dal lavoro per un periodo prolungato, la legge e i contratti collettivi stabiliscono delle tutele che garantiscono la conservazione del posto di lavoro. Durante la malattia, infatti, il lavoratore ha diritto a mantenere il proprio impiego per un periodo di tempo determinato, che generalmente non può essere inferiore a 180 giorni. Questo periodo di conservazione del posto è noto come periodo di comporto.

Il periodo di comporto è il lasso di tempo entro il quale il lavoratore è tutelato dal punto di vista occupazionale, ossia non può essere licenziato a causa della malattia, a meno che non si raggiunga la scadenza del periodo previsto dalla legge o dal contratto collettivo applicato. Durante questo periodo, il lavoratore ha diritto a rimanere a casa senza timore di perdere il proprio posto di lavoro, anche se non è in grado di svolgere la propria attività lavorativa a causa della malattia.

Una volta scaduto il periodo di comporto, il datore di lavoro ha la facoltà di interrompere il rapporto di lavoro, a meno che non sussistano altre circostanze che giustifichino una proroga. In alcuni casi, il contratto collettivo o accordi individuali potrebbero prevedere una durata maggiore del periodo di comporto, ma, in generale, una volta superato tale limite, il datore di lavoro non ha l’obbligo di mantenere il lavoratore in servizio.

Domande frequenti sulla malattia INPS

Molti lavoratori si trovano a dover affrontare dubbi e incertezze riguardo a come comportarsi in caso di malattia, specialmente per quanto concerne la comunicazione al datore di lavoro, la scelta del medico, e le conseguenze di eventuali ritardi o omissioni. In questo articolo risponderemo alle domande più frequenti sulla malattia INPS, chiarendo gli aspetti principali da conoscere.

Quanti giorni ho per comunicare la malattia al datore di lavoro?

Il lavoratore ha l’obbligo di informare il datore di lavoro riguardo al suo stato di malattia. L’attestato di malattia deve essere inviato al datore di lavoro entro due giorni se il lavoratore è un dipendente privato che ha diritto all’indennità economica di malattia INPS. In altri casi, la comunicazione deve avvenire entro i termini previsti dal contratto collettivo applicato.

Posso scegliere il medico per il certificato di malattia?

Il certificato di malattia deve essere richiesto al proprio medico curante, che non deve necessariamente essere il medico di medicina generale, ma può essere anche un altro medico se questi ha visitato il lavoratore. Non è possibile ottenere il certificato da un medico che non ha visitato direttamente il lavoratore per la malattia in questione. In caso di malattia riscontrata da altri professionisti sanitari, il certificato dovrà essere rilasciato dal medico specialista ambulatoriale, dal medico del pronto soccorso, o dal medico delle strutture ospedaliere o case di cura.

Cosa succede se il certificato non viene inviato all’INPS?

Se il certificato medico non viene inviato all’INPS o se viene inviato in ritardo, ci sono implicazioni economiche per il lavoratore. Se il certificato manca del tutto, il trattamento economico di malattia potrebbe non essere erogato, oppure sarà corrisposto solo dal momento in cui il certificato medico viene presentato. Se il lavoratore non presenta alcun certificato, l’assenza viene considerata ingiustificata, e ciò può portare a sanzioni disciplinari fino al licenziamento, se l’assenza senza giustificazione supera il periodo stabilito dal contratto collettivo. Inoltre, se il certificato viene consegnato dopo i termini stabiliti, possono sorgere complicazioni giuridiche e interpretative che richiedono attenzione.

Quali sono i motivi validi per un’assenza durante la visita fiscale?

Durante le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, l’assenza di un lavoratore può essere giustificata solo in particolari casi. Secondo la giurisprudenza, sono considerati validi motivi:

  1. Visite mediche urgenti o trattamenti terapeutici indispensabili, che non possono essere rinviati.
  2. Gravi motivi familiari, come assistere un parente in fin di vita o gravemente malato, quando la sua presenza è necessaria per evitare danni significativi.
  3. Situazioni impreviste che richiedono una presenza urgente e indifferibile del lavoratore, come un’emergenza familiare o una necessità economica che non può essere procrastinata.

In generale, l’assenza durante la visita fiscale può essere giustificata solo se il motivo è urgente e documentato. Ad esempio, è accettato che un lavoratore si allontani per una visita medica non programmabile o per recarsi in farmacia per acquisti urgenti. Altri esempi includono:

  • Visite a parenti in ospedale durante le fasce di reperibilità.
  • Necessità di cure dentistiche urgenti.
  • Interventi di volontariato impossibili da rimandare.
  • Ricoveri ospedalieri urgenti o cause di forza maggiore che non possano essere rimandate.

Un’assenza dovuta a motivi non urgenti o non documentati, come il rinvio di un semplice controllo ambulatoriale, non verrà accettata.

Infine, se il lavoratore è presente nella propria abitazione, ma in un’altra parte della casa (ad esempio in cantina), e ritorna prima che la visita fiscale si concluda, non subirà sanzioni. L’importante è che l’assenza sia giustificata da un motivo documentato e urgente, in modo da evitare possibili ripercussioni sul trattamento economico o sul rapporto di lavoro.

La malattia sospende il periodo di prova?

I lavoratori in periodo di prova godono degli stessi diritti e condizioni di trattamento economico e normativo dei dipendenti già confermati, con poche eccezioni, come il congedo matrimoniale che potrebbe non essere riconosciuto. In generale, la malattia non rappresenta una causa di licenziamento durante il periodo di prova, e il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro, in base alle specifiche temporali stabilite dal “periodo di comporto”.

Per quanto riguarda la durata del periodo di prova, l’assenza per malattia può influire. Se, ad esempio, il periodo di prova è di cinque mesi, ma un’assenza per malattia dura tre settimane, la data di fine periodo di prova viene posticipata di tre settimane. Questo perché i giorni di malattia vengono considerati come un’interruzione del periodo di prova. Al ritorno del lavoratore, il conteggio del periodo di prova riprende fino alla scadenza iniziale.

Lo stesso principio si applica anche in caso di altre assenze impreviste, come infortuni, gravidanza, permessi, scioperi, ferie annuali o interruzioni dell’attività lavorativa del datore di lavoro. In tutti questi casi, il periodo di prova viene sospeso e riprende una volta che il lavoratore è di nuovo presente in azienda.

Posso prendere ferie durante la malattia?

Secondo una sentenza del Consiglio di Stato (sentenza 2663/10), le ferie continuano a maturare anche durante i periodi di malattia. Se il lavoratore non riesce a usufruire delle ferie a causa della malattia, il datore di lavoro è obbligato a retribuirle. Questo principio si fonda sul diritto del lavoratore a godere integralmente delle ferie, indipendentemente dal periodo di malattia, poiché ferie e malattia sono considerate due situazioni distinte e non si sovrappongono.

Quanti giorni di malattia si possono fare in tutta la vita lavorativa?

La legge prevede un massimo di 180 giorni di malattia retribuiti in un anno solare, ma questo limite può variare a seconda delle disposizioni previste dalla contrattazione collettiva o aziendale.

Esiste un limite al numero di giorni di malattia coperti dall’INPS?

Per i lavoratori a tempo indeterminato, l’INPS eroga il trattamento economico di malattia per un massimo di 180 giorni all’anno. In caso di cessazione o sospensione del rapporto di lavoro, l’assicurazione rimane valida se l’evento malattia si verifica entro 60 giorni dalla fine del contratto. Per i lavoratori a tempo determinato, l’indennità di malattia è limitata a un periodo pari ai giorni lavorati nei 12 mesi precedenti la malattia. Se il lavoratore ha lavorato per meno di 30 giorni in tale periodo, l’indennità non supera i 30 giorni nell’anno solare. Dopo la cessazione del contratto di lavoro, non sono previsti trattamenti economici per i giorni di malattia successivi.

Quanti giorni di malattia sono pagati al 100%?

Per i lavoratori dipendenti, i primi tre giorni di malattia, che sono considerati “giorni di carenza”, sono pagati al 100% dal datore di lavoro. Dopo questi primi giorni, il trattamento economico varia in base alle tabelle INPS, con una retribuzione pari al 50% o al 66,66%. Tuttavia, per i dipendenti pubblici (statali), la situazione è diversa: durante i primi nove mesi di malattia, il trattamento è al 100% della retribuzione, mentre nei successivi tre mesi scende al 90%. Questa differenza tra il settore pubblico e privato evidenzia una sostanziale discrepanza nei benefici economici legati alla malattia.

Come posso controllare lo stato del mio certificato di malattia?

Il servizio di consultazione degli attestati di malattia telematici permette ai lavoratori, datori di lavoro e consulenti di verificare lo stato dei certificati. I lavoratori possono accedere al servizio online inserendo il numero di protocollo univoco del certificato e il codice fiscale associato, senza necessità di autenticazione. I datori di lavoro e i consulenti, invece, possono consultare solo i certificati dei propri dipendenti. Per maggiori dettagli, è possibile visitare il sito ufficiale dell’INPS qui.

Come calcolare la RMG malattia?

Per determinare l’importo dell’indennità di malattia, è necessario calcolare la Retribuzione Media Giornaliera (RMG), un dato che dipende dalla retribuzione percepita nel mese o nelle 4 settimane precedenti l’inizio dell’evento di malattia. Il calcolo si basa sull’imponibile previdenziale, ossia sulla somma su cui vengono calcolati i contributi previdenziali versati all’INPS. Se il lavoratore non ha un mese intero di riferimento, si considera la retribuzione relativa al periodo di tempo effettivamente lavorato. In caso di mancanza di una giornata lavorata, si fa riferimento al periodo retribuito più recente.

Per gli impiegati, il calcolo della RMG include non solo la retribuzione del mese precedente, ma anche voci ricorrenti come la tredicesima e la quattordicesima mensilità, e eventuali premi. La RMG si ottiene sommando tutte queste voci e dividendo il risultato per 30.

Nel caso di operai, il calcolo dipende dal tipo di contratto:

  • Se pagati ad ore, si divide la retribuzione del mese precedente per il numero di giornate lavorate, e si somma il rateo della tredicesima e quattordicesima mensilità diviso per 25.
  • Se con retribuzione fissa mensile, si divide la retribuzione per 26 e si somma al rateo delle mensilità aggiuntive, sempre diviso per 25.

Immaginiamo che un impiegato abbia una retribuzione di 2.050 euro (imponibile previdenziale) nel mese precedente, una tredicesima e quattordicesima di 1.300 euro ciascuna, con ratei mensili di 108,33 euro ciascuna.

  1. Calcoliamo la RMG:
    • Retribuzione del mese: 2.050,00 euro ÷ 30 = 68,33 euro
    • Rateo mensile della tredicesima: 108,33 euro ÷ 30 = 3,61 euro
    • Rateo mensile della quattordicesima: 108,33 euro ÷ 30 = 3,61 euro
  2. Somma: 68,33 + 3,61 + 3,61 = 75,55 euro di RMG giornaliera.

Una volta calcolata la RMG, bisogna moltiplicarla per le percentuali previste in base alla durata dell’assenza. In generale, le indennità di malattia sono calcolate come segue:

  • 50% dell’indennità per i giorni di malattia dal 4° al 20° giorno;
  • 66,66% dal 21° al 180° giorno.

Per i lavoratori di pubblici esercizi o laboratori di pasticceria, la percentuale di indennizzo è dell’80% per tutte le giornate di malattia indennizzabili.

Se la RMG giornaliera è pari a 75,55 euro e la malattia dura 15 giorni di calendario, con 10 giorni indennizzabili, l’indennità totale sarà:

  • 75,55 x 50% x 10 giorni = 377,75 euro.

Questo è l’importo che il lavoratore riceverà per i giorni di malattia coperti dall’indennizzo, in base al calcolo della RMG e alle percentuali applicabili.