Il lavoro straordinario è una delle tematiche più rilevanti nel panorama lavorativo, spesso oggetto di discussioni tra datori di lavoro e dipendenti. Si tratta di ore lavorate oltre l’orario ordinario, che può comportare sia vantaggi economici che impegni extra per il lavoratore. La normativa italiana regola questo fenomeno con l’obiettivo di tutelare la salute e il benessere dei dipendenti, stabilendo limiti precisi per il numero di ore straordinarie e le relative modalità di compensazione.
In questo articolo esploreremo cos’è il lavoro straordinario, quando si applica e le principali normative che lo disciplinano, analizzando i diritti e gli obblighi di entrambe le parti coinvolte.
Il lavoro straordinario si riferisce a quello svolto oltre l’orario di lavoro normale, che solitamente non supera le 40 ore settimanali. In base alla normativa, il limite massimo per l’orario di lavoro settimanale, comprese le ore straordinarie, non deve superare le 48 ore. L’orario di lavoro è definito come il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro, impegnato nelle sue mansioni o in altre attività connesse al suo ruolo.
Ogni settimana lavorativa copre un periodo di sette giorni, e i datori di lavoro hanno la possibilità di definire questo arco temporale in modo flessibile, scegliendo il giorno di inizio settimana o seguendo il calendario standard (dal lunedì alla domenica). In alcuni casi, i periodi di assenza, anche se retribuiti (ad esempio per malattia o ferie), non contribuiscono al calcolo delle ore straordinarie, il che implica che, per esempio, se un lavoratore si assenta per un giorno, le ore restanti della settimana non genereranno straordinario, se non si eccede la normale durata settimanale.
Secondo il Decreto Legislativo 66/2003, il lavoro straordinario è definito come il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro, che in Italia è fissato a 40 ore settimanali. La contrattazione collettiva, tuttavia, può prevedere una durata inferiore. Il Decreto ha abolito il precedente limite di 8 ore giornaliere, introducendo l’obbligo di un riposo minimo di 11 ore consecutive ogni 24 ore di attività lavorativa, mantenendo comunque il limite settimanale di 48 ore, comprese le ore straordinarie.
La legge stabilisce che il lavoro straordinario debba essere limitato e disciplinato dalla contrattazione collettiva, che può fissare anche il numero massimo di ore annuali di straordinario, generalmente fissato a 250 ore. Per quanto riguarda la retribuzione, lo straordinario viene normalmente compensato con una maggiorazione rispetto al salario ordinario, la cui entità dipende dagli accordi collettivi. In alternativa, la contrattazione può prevedere che il lavoratore riceva riposi compensativi invece di una retribuzione maggiorata.
In alcuni casi, il lavoro straordinario può essere retribuito con un importo fisso, indipendentemente dalle ore effettivamente lavorate, ma tale compenso può influire sul calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR).
Secondo il Decreto Legislativo n. 66/2003, articolo 5, il ricorso al lavoro straordinario deve essere limitato per tutelare il benessere psico-fisico del lavoratore. È legittimo quando è regolamentato da una contrattazione collettiva, che può essere nazionale, territoriale o aziendale, stipulata da sindacati rappresentativi. In questi casi, le stesse organizzazioni sindacali possono stipulare accordi specifici che, in alcune circostanze, derogano alle disposizioni di legge e alle normative previste dai contratti collettivi nazionali (D.L. n. 138/2011, art. 8).
In assenza di una contrattazione collettiva applicabile, il lavoro straordinario può essere svolto solo previo accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore e non può superare le 250 ore annuali. Tuttavia, esistono delle eccezioni che consentono il superamento del limite di 250 ore annue o la mancanza di un accordo collettivo, se si verificano specifiche circostanze.
Tra queste eccezioni ci sono:
Inoltre, per quanto riguarda la durata della giornata lavorativa, il limite massimo è di 13 ore, un valore non esplicitamente stabilito dal Decreto Legislativo n. 66/2003, ma dedotto dalla norma che obbliga il datore di lavoro a concedere al lavoratore un riposo di almeno 11 ore consecutive ogni 24 ore.
Il limite settimanale di 48 ore si applica sia al settore privato che pubblico, con alcune eccezioni per specifiche categorie di lavoratori, come quelli marittimi (D.Lgs. n. 108/2005), il personale di volo dell’aviazione civile (D.Lgs. n. 185/2005) e i lavoratori mobili (D.Lgs. n. 234/2007), che sono disciplinati da provvedimenti specifici per la loro categoria.
Il Codice Civile, articolo 2018, e il Decreto Legislativo n. 66/2003, articolo 5, comma 5, stabiliscono che il lavoro straordinario deve essere espressamente autorizzato dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci. Tale lavoro deve essere:
Il compenso per il lavoro straordinario non è considerato parte della retribuzione ordinaria, a meno che non sia previsto dai contratti collettivi. Di conseguenza, non rientra nel calcolo delle spettanze economiche come le ferie, le festività o le mensilità aggiuntive.
In caso di accordo individuale tra il lavoratore e il datore di lavoro, è possibile concordare un compenso forfettario fisso in cambio delle ore straordinarie prestate. Questo compenso, se stabilito come parte di un accordo, viene considerato un “superminimo individuale” e, pertanto, parte integrante della retribuzione ordinaria (Cass. n. 4/2015, n. 9458/2015). Le ore che eccedono il numero massimo di ore previste per la forfetizzazione devono essere compensate con una maggiorazione, e la prova del superamento di tale limite spetta al lavoratore (Cass. n. 16157/2004, n. 13606/2017).
I compensi fissi forfettari e quelli per il lavoro straordinario sistematico, ossia quello che si ripete con regolarità, frequenza e senza sporadicità, devono essere inclusi nel calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) (Cass. n. 8293/2007; n. 18093/2015; n. 13377/2017). La regolarità di un lavoro straordinario è determinata dalla sua ripetizione costante, che diventa un aspetto abituale nell’organizzazione lavorativa (Cass. n. 11536/2006; n. 19402/2011).
Alcuni casi specifici sono stati trattati dalla Corte Suprema, come:
Le ore di lavoro straordinario devono essere annotate in modo cronologico e dettagliato nel libro unico del lavoro (LUL). Qualora un lavoratore ritenga di non essere stato retribuito per il lavoro straordinario, sarà sua responsabilità provare la prestazione, con un diritto alla richiesta che si prescrive in cinque anni (Cass. n. 3714/2009; Cass. n. 947/2010).
I contratti collettivi possono prevedere che, oltre o in alternativa alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi. Questi possono essere accumulati nel sistema della Banca ore, un meccanismo che consente di accantonare le ore di lavoro straordinario, anziché ricevere la relativa retribuzione. Le ore così accumulate vengono utilizzate successivamente come riposi compensativi, in base alle modalità stabilite nel contratto collettivo.
Il lavoratore può richiedere la monetizzazione delle ore accantonate nella Banca ore in determinati casi, tra cui:
Tutti i lavoratori, sia con contratto a tempo determinato che a tempo indeterminato, hanno diritto ad accedere alla Banca ore (D.Lgs. n. 66/2003, art. 5, c. 5; Circ. Inps n. 39/2000 e n. 95/2000).
Nel caso di superamento della durata media settimanale di 48 ore (comprese le ore di lavoro straordinario) in un periodo non superiore a 4 mesi, sono previste sanzioni amministrative, come di seguito descritto:
Se il lavoro straordinario supera le 250 ore annuali e non vi è un accordo collettivo applicabile, sono previste sanzioni da € 25 a € 154. In caso di violazioni multiple, la sanzione può salire a una cifra compresa tra € 154 e € 1.032.
Altri tipi di violazioni:
Infine, l’inosservanza del limite di orario di lavoro per i minorenni comporta l’arresto fino a 6 mesi o un’ammenda fino a € 5.164 (art. 26, c. 2, L. n. 977/1967).
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