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Secondo lavoro per i dipendenti pubblici, è previsto dalla normativa?

Il cumulo di impieghi per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici è di regola vietato, ma non in modo assoluto. Talvolta l’assunzione di incarichi esterni è ammessa e perfettamente legale. E allora, quando il dipendente pubblico può fare un secondo lavoro? Scopriamolo con questo approfondimento.

Divieto secondo lavoro come dipendente privato, cosa prevede la legge

In Italia, non esiste un divieto generale per i dipendenti privati di svolgere un secondo lavoro. Tuttavia, esistono alcune limitazioni che possono essere applicate dal datore di lavoro.

In particolare, il datore di lavoro può vietare al dipendente di svolgere un secondo lavoro se:

  • il secondo lavoro è incompatibile con le mansioni svolte presso il primo lavoro
  • il secondo lavoro è in concorrenza con il primo lavoro
  • il secondo lavoro comporta un conflitto di interessi

Inoltre, il datore di lavoro può richiedere al dipendente di comunicare l’intenzione di svolgere un secondo lavoro. In caso di comunicazione, il datore di lavoro può valutare la compatibilità del secondo lavoro con il primo lavoro e prendere eventuali provvedimenti.

In particolare, il datore di lavoro può:

  • autorizzare il secondo lavoro, con o senza condizioni
  • proibire il secondo lavoro
  • richiedere al dipendente di ridurre l’orario del secondo lavoro

In caso di divieto del secondo lavoro, il datore di lavoro deve motivare la decisione. Il dipendente può impugnare il divieto davanti all’autorità giudiziaria.

Eccezione al divieto del secondo lavoro

In Italia, il divieto del secondo lavoro per i dipendenti privati è soggetto a alcune eccezioni.

In particolare, il secondo lavoro è consentito se:

  • è svolto in un settore diverso da quello del primo lavoro
  • non è in concorrenza con il primo lavoro
  • non comporta un conflitto di interessi

Inoltre, il secondo lavoro è consentito se:

  • è svolto in modo occasionale e non è in grado di interferire con l’orario di lavoro del primo lavoro
  • è svolto in modo autonomo e non è soggetto a un rapporto di lavoro subordinato

Procedura per la richiesta di autorizzazione all’amministrazione di appartenenza

Per richiedere l’autorizzazione all’amministrazione di appartenenza, il dipendente deve presentare una richiesta scritta, che deve indicare:

  • il tipo di incarico da svolgere
  • l’orario di lavoro
  • l’ente o la persona fisica presso cui si svolgerà l’incarico

La richiesta deve essere corredata da:

  • una dichiarazione del dipendente in cui si attesta che l’incarico non è incompatibile con le mansioni svolte presso il primo lavoro e non comporta un conflitto di interessi
  • una dichiarazione del datore di lavoro del secondo lavoro in cui si attesta che l’incarico non è in concorrenza con l’incarico svolto presso la prima amministrazione

L’amministrazione di appartenenza ha 30 giorni di tempo per rispondere alla richiesta. In caso di risposta positiva, l’amministrazione rilascia un’autorizzazione scritta. In caso di risposta negativa, l’amministrazione deve motivare la decisione.

Cosa prevede la legge per i dipendenti pubblici part time

La normativa è meno rigida per i dipendenti pubblici in part time, cioè coloro che sono stati assunti a tempo parziale e non superiore al 50% della prestazione lavorativa prevista per il tempo pieno. In questa posizione possono trovarsi diverse categorie di dipendenti pubblici, come i docenti scolastici e universitari a tempo determinato ed il personale sanitario.

Questi soggetti possono svolgere un’attività professionale – quindi anche aprire una partita Iva – se essa risulta compatibile con gli orari di insegnamento o di servizio, e purché non determini in nessun caso un conflitto di interessi con l’impiego pubblico.

Al riguardo una recente circolare del ministero del Lavoro ha precisato che il conflitto di interessi va inteso in senso ampio, e, precisamente, esso ricorre quando «l’ulteriore attività lavorativa, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’articolo 2105 del Codice Civile comporti, anche potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro».

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